La storia del militante della sinistra extraparlamentare assassinato a Cinisi il 9 maggio del 1978
Ricorre oggi il 41° anniversario della morte di Giuseppe "Peppino" Impastato, il giornalista di Cinisi che denunciò i crimini della mafia locale e che, il 9 maggio 1978, fu barbaramente ucciso. Un delitto di mafia che Cosa Nostra cercò di mascherare come un attentato terroristico (nello stesso nefasto giorno per l'Italia fu rinvenuto a Roma il cadavere di Aldo Moro), grazie anche alla complicità di numerose persone che hanno impedito l' accertamento della verità.
I depistaggi sulla morte di Impastato furono riconosciuti nella sentenza di condanna a 30 anni emessa dai giudici della corte d'assise il 5 marzo 2001 nei confronti del boss Vito Palazzolo, che era già deceduto, accusato di essere il mandante del delitto. Una tesi ribadita un anno dopo dal pm Franca Imbergamo durante la requisitoria del processo che si è conclusa con la condanna a 30 anni anche per un altro boss, Gaetano Badalamenti, che all'epoca era detenuto negli Stati Uniti per traffico di stupefacenti. Per l'uccisione di Impastato sono stati celebrati due processi, ognuno con un solo imputato. In entrambi è emersa «una sconcertante sequela di omissioni, ritardi, negligenze e approssimazioni nella raccolta delle prove», ed ancora «un sistematico travisamento dei dati di fatto e delle informazioni raccolte durante i primi accertamenti investigativi».
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